Una campo da golf è sempre una struttura positiva per l’ambiente circostante. E inquina meno di una comune coltura agricola. Lo afferma la ricerca presentata sabato 2 dicembre al Golf Club Milano, nel parco di Monza, la prima del genere in Italia. L’hanno commissionata il circolo sportivo e il Comitato regionale lombardo della Federazione italiana golf a un’équipe di 8 ricercatori che hanno messo sotto osservazione le componenti ambientali e territoriali dell’area sulla quale, all’interno dello storico parco, si estende il percorso a 27 buche, 94 dei 732 ettari di tutto il comprensorio verde gestito dai comuni di Monza e Milano. Presenti amministratori pubblici, molti presidenti di circoli golfistici lombardi, in rappresentanza delle rispettive associazioni dilettantistiche, operatori ecologici e sportivi. Il golf si sta diffondendo in Italia in tutte le fasce sociali, tra giovani e anziani, e gli insediamenti interessano, soprattutto in Lombardia, centinaia di comuni e decine di migliaia di sportivi.
L’argomento assume significativa attualità anche per le aree industriali dimesse di Sesto San Giovanni, studiate dai gruppi urbanistici pilotati dall’architetto Renzo Piano. Un campo di golf a 9 buche, cioè ridotto, crerebbe una successione di verde piantumato, lungo almeno 4200 metri per circa 15 ettari, di alta valenza ambientale e paesaggistica. Alcuni esperti del settore, soprattutto albergatori, stanno studiando l’idea. Il percorso arricchirebbe la ricettività alberghiera di ospiti stranieri provenienti dal mondo anglosassone nel quale il golf è diffusissimo e gratificherebbe la residenza sul territorio degli studenti del polo universitario.
“Questo lavoro”, ha esordito Angelo Zanchi, presidente del Golf Club Milano ” dimostra come un campo da golf sia sempre complementare all’ambiente circostante, anche nell’equilibrio delicato con un grande parco storico. Dimostra che un percorso diventa col tempo, grazie alle sue caratteristiche ambientali ed estetiche, patrimonio della comunità. Cioè una struttura dalla quale la comunità circostante può trarre vantaggio grazie alla diffusione di una pratica sportiva di alta valenza sociale, grazie all’offerta di posti di lavoro e soprattutto di armonia paesaggistica, di cura del territorio, ovunque la struttura si trovi”.
Lo studio ha monitorato una sponda del fiume Lambro che scorre accanto al percorso, le rogge, l’assetto idrogeologico, le acque sotterranee, il suolo e il sottosuolo. Attenzione è stata data anche alla vegetazione, alla flora e alla fauna, alle biodiversità di fiori e piante, agli ecosistemi. Ne è risultato un quadro, ha commentato l’ingegner Piergiorgio Vigliani, consigliere del golf ed esperto in temi ambientali, dal quale appare che un percorso inquina meno della maggioranza delle colture agricole, i prati curati e le circostanti aree arboree nobilitano il paesaggio anche a vantaggio dei cittadini che vogliano percorrerne i sentieri dopo le gare.
Per il coordinatore del gruppo di ricerca, ingegner Luca Del Furia, la gestione del golf monzese non altera né inaridisce la falda, non turba le biodiversità, tutela flora e fauna come nel resto del parco. La ricerca, prima in Italia, verrà proposta a tutte le 61 strutture golfistiche lombarde che aggregano 23 mila giocatori dilettanti, il gruppo più numeroso d’Italia, ha detto Bruno Bizzozzero, presidente del Comitato regionale lombardo della Fig, al fine di pilotare in modo corretto gli ampliamenti, favorire la crescita, la piantumazione, tutelare il paesaggio in un dialogo costruttivo con gli amministratori pubblici. (r.z.)